La fibromialgia è un’entità nosologica complessa, con una grande varietà di sintomi e una diagnosi esclusivamente clinica, in quanto gli esami di laboratorio e strumentali sono spesso del tutto negativi e utili solo ai fini della diagnosi differenziale con altre patologie reumatiche.

Per tali motivi la diagnosi è spesso molto tardiva e in media, prima che venga formulata, trascorrono 3-4 anni.

La sua prevalenza in Italia è di circa il 2-4% nella popolazione e colpisce soprattutto il sesso femminile in età 20-49 anni. 

Questa condizione viene definita sindrome, poiché esistono segni e sintomi clinici che sono presenti in contemporanea, quali:

  • Dolori muscolari diffusi
  • Disturbi del sonno
  • Disturbi dell’umore
  • Rigidità mattutina
  • Cefalea/emicrania
  • Sindrome del colon irritabile o della vescica irritabile
  • Sindrome delle gambe senza riposo
  • Vulvodinia e mialgie pelviperineali
  • Fibro-fog” (difficoltà a concentrarsi e ad effettuare semplici elaborazioni mentali)
  • Stanchezza cronica

La Sindrome Fibromialgica rappresenta il paradigma del dolore cronico primario, secondo la classificazione IASP (Associazione Internazionale per lo studio sul dolore) del 2019. In questo caso, infatti, il dolore cronico è sostenuto da una sensibilizzazione centrale, in assenza di un danno del sistema somatosensoriale o di un nocicettore. 

In molti pazienti con fibromialgia è presente una ridotta capacità di modulazione delle vie discendenti del dolore e in particolare dell’attività serotoninergica e noradrenergica (da cui l’uso nella terapia dei SNRI). 

Inoltre, è stata riscontrata una riduzione della capacità di legame ai recettori oppioidi, un aumento dei livelli di glutammato e una riduzione di quelli del GABA nel liquor (il che spiega i benefici della somministrazione di alcuni farmaci come il pregabalin e la memantina.

Secondo diversi studi vi sarebbe inoltre una ipoattività del sistema EC. 

La terapia della Fibromialgia è multimodale e personalizzata. Il trattamento farmacologico va considerato sempre in sinergia con quelli non farmacologici quali attività fisica, approccio educazione e non-educazionale che vengono considerati dalle Linee Guida Internazionali come terapie di prima scelta. 

Diversi studi evidenziano inoltre una correlazione tra Fibromialgia e obesità con una diretta correlazione tra BMI e aumentata sensibilità al dolore.  È importante, pertanto, seguire una dieta bilanciata, ricca di verdure e frutta fresca (soprattutto frutta rossa), povera di grassi saturi e zuccheri raffinati. Utile, inoltre, una integrazione nutraceutica che comprenda:

  • Omega 3 che migliorano anche l’assorbimento di PEA e Betacarofillene. 
  • Vitamina D e complesso B
  • Pre e probiotici + integratori per SIBO
  • Coenzima q10
  • Acetil L carnitina
  • Creatina
  • Beta carofillene: 
  • Boswellia 
  • Triptofano
  • Curcuma
  • Piper nigrum
  • Griffonia
  • PEA 
  • Magnesio bisglicinato 

In alcuni pazienti può associarsi una intolleranza al glutine. 

Secondo la letteratura i farmaci appropriati sono analgesici, antidepressivi e/o anticonvulsivanti, trattamenti che però da soli sono spesso inefficaci. 

Riguardo l’uso di terapie a base di fitocannabinoidi, sia l’uso di THC che quello di CBD sono stati esplorati come opzioni di trattamento per la fibromialgia. Negli studi è stato riscontrato che il THC influisce positivamente sulla regolazione del dolore, sull’appetito e sull’umore, mentre il CBD ha caratteristiche antinfiammatorie e antidolorifiche

La letteratura precedente riportava che i pazienti sperimentavano miglioramenti nel loro dolore cronico dal trattamento a base di solo CBD;  i risultati di una recente revisione suggeriscono che, attualmente, la prova più promettente sia il THC come trattamento per il dolore nella fibromialgia.

Uno studio osservazionale, condotto dalla Dott.ssa Valeria Giorgi dell’Ospedale Luigi Sacco di Milano, ha coinvolto 100 pazienti affetti da fibromialgia resistenti alla terapia analgesica standard. Dopo sei mesi di terapia i risultati, ottenuti tramite somministrazione di cannabis sotto forma di estratto in olio di oliva, con un’assunzione notturna di Bedrocan (22%THC) e di Bediol (6% THC-8% CBD) al mattino, hanno mostrato come circa il 30% di pazienti abbia raggiunto un miglioramento nel sonno e della qualità della vita.
Molti pazienti, inoltre,  hanno avuto un miglioramento dell’ansia e della depressione. Alla fine del monitoraggio non si sono riscontrati effetti avversi significativi; pertanto la terapia è risultata efficace e sicura.

Sono chiaramente necessarie ulteriori ricerche su questo argomento per confermare l’efficacia dei cannabinoidi, valutare quale sia la formulazione THC-CBD più efficace e determinare una valutazione più standardizzata per i risultati clinici e analizzare i risultati a lungo termine.