Dal controllo della nausea da chemioterapia al sostegno dell’appetito e alla gestione del dolore: ecco le reali potenzialità della cannabis medica in oncologia secondo le evidenze cliniche e la legge italiana.
Negli ultimi anni, l’impiego della cannabis medica in oncologia ha suscitato crescente interesse, sia dal punto di vista scientifico sia clinico. L’attenzione si concentra soprattutto sul ruolo dei cannabinoidi, in particolare THC (tetraidrocannabinolo) e CBD (cannabidiolo), come supporto nella gestione dei sintomi legati al trattamento oncologico.
Pur non rappresentando un’alternativa alle terapie antitumorali, la cannabis può offrire benefici concreti nella qualità della vita del paziente, in alcune condizioni ben definite e supportate da evidenze tra le quali:
Controllo della nausea e del vomito da chemioterapia : Una delle indicazioni più documentate riguarda la gestione della nausea e del vomito indotti da chemioterapia. Il THC agisce interagendo con i recettori CB1 del sistema nervoso centrale, modulando lo stimolo emetico. Nei pazienti che non rispondono adeguatamente agli antiemetici tradizionali, la cannabis si è dimostrata efficace, talvolta superiore, nel controllo dei sintomi. In questo contesto, può essere prescritta come terapia complementare, su indicazione del medico specialista.
Stimolazione dell’appetito e contrasto alla cachessia: nei pazienti oncologici affetti da cachessia o importante calo ponderale, il THC ha mostrato effetti orexigeni (stimolo dell’appetito), con potenziali benefici sul piano nutrizionale e psico-fisico. In questi casi, la cannabis può essere utile per contrastare la perdita di peso involontaria, migliorare l’assunzione di cibo e supportare la stabilizzazione della massa muscolare. L’obiettivo è migliorare non solo lo stato nutrizionale, ma anche la resistenza fisica e la tolleranza ai trattamenti oncologici.
Supporto alla terapia del dolore: un’area di crescente interesse è il potenziale sinergico tra cannabinoidi e oppioidi nella gestione del dolore oncologico. L’associazione può permettere un uso più efficace degli analgesici, con la possibilità di ridurre i dosaggi oppioidi e, di conseguenza, minimizzare effetti collaterali come sedazione, stipsi o sviluppo di tolleranza. Sebbene siano necessari ulteriori studi, i primi risultati suggeriscono un valido impiego integrativo anche in questo ambito.
Prescrizione e rimborsabilità: cosa prevede la normativa italiana
In Italia, la cannabis terapeutica è prescrivibile per alcune indicazioni definite dal Ministero della Salute, tra cui:
• nausea e vomito da chemioterapia;
• perdita dell’appetito in pazienti oncologici.
In queste situazioni, il trattamento può essere rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Tuttavia, l’accesso effettivo alla terapia varia da regione a regione, sia in termini di disponibilità che di percorsi prescrittivi. Alcune Regioni hanno attivato canali più strutturati per l’erogazione tramite farmacie ospedaliere o convenzionate, altre presentano ancora ostacoli organizzativi.
Conclusioni
L’uso della cannabis in oncologia si configura come un approccio integrativo utile per il controllo di sintomi specifici: nausea, perdita di appetito, dolore.
Non sostituisce le terapie oncologiche convenzionali, ma può rappresentare un valido strumento di supporto, con impatto positivo sulla qualità della vita del paziente.
Resta fondamentale uniformare l’accesso a livello regionale e garantire una corretta informazione, sia per i pazienti che per i professionisti coinvolti nel percorso terapeutico.
Dott.ssa Veronica Spoto, Direttore Scientifico Galenicaonline
